La paralisi cerebrale infantile è una condizione piuttosto rara (coinvolge 1 bambino ogni 500 nati). Si tratta di un’alterazione del funzionamento cerebrale dovuta all’insufficiente sviluppo del sistema nervoso centrale nei bambini prematuri o ad un evento avvenuto in gravidanza (come ad esempio un trauma, un’ischemia, una malattia infettiva, alterazioni metaboliche o a livello del sangue)
I bambini nati con paralisi cerebrale infantile presentano un’immaturità del sistema nervoso centrale, che si manifesta intorno al primo o secondo anno di vita. I genitori se ne accorgono perché il bambino non acquisisce le normali tappe evolutive: non riesce a gattonare, a mettersi in piedi, a camminare.
Ci sono diverse forme di paralisi cerebrale infantile: ci sono bambini che necessitano per camminare di tutori, altri bambini che necessitano di sistemi più complessi, quindi oltre al tutore, un deambulatore o un girellino proprio perché non hanno una sufficiente capacità di adattarsi al terreno e quindi di mantenere l’equilibrio.
Ci sono poi forme più gravi, in cui il piccolo paziente non ha sufficiente forza muscolare; in questo caso non è permessa la verticalizzazione e il cammino ed il paziente riesce a fare soltanto dei piccoli spostamenti con l’ausilio di un sistema di cammino ( una carrozzina) fino a casi purtroppo più gravi dove il bambino non ha neanche il controllo dei muscoli del tronco, del corpo e del collo, casi in cui è necessario per la sua postura una carrozzina con dei sostegni per mantenere le parti del corpo che non controlla e per il mantenimento della sua correzione.
La paralisi cerebrale infantile coinvolge molte figure professionali: il bambino viene seguito dal fisiatra, dal neuropsicologo, dal neurologo, dal fisioterapista e anche dal chirurgo funzionale.
La chirurgia ortopedica funzionale svolge il suo ruolo in tutto l’arco della crescita del bambino con paralisi cerebrale infantile.
All’inizio con interventi mirati di fibrotomie (dei piccoli allentamenti del muscolo), mira alla riduzione di quelle che possono essere le deformità più frequenti – come anca e ginocchio piegato o piede equino.
Negli anni a seguire, con l’instaurarsi di deformità più gravi, attraverso tecniche di allungamenti tendinei od osteotomie, vengono mantenute le lunghezze muscolari e corrette le deformità scheletriche che possono compromettere il recupero di quegli obiettivi funzionali che il piccolo paziente aveva raggiunto (recupero della posizione eretta, cammino con ausili, autonomia negli spostamenti in casa).
Si mira al mantenimento, della postura, della verticalizzazione, dei passaggi posturali o anche solo (nel paziente che purtroppo non ha acquisito queste tappe evolutive, quindi non riesce a camminare) alla “semplice” correzione della postura letto in carrozzina per garantire la nomale igiene e vestizione da parte dei genitori.
Nelle forme più gravi, in cui i pazienti non camminano e necessitano di un sistema di postura maggiore, la chirurgia interviene evitando che queste deformità possano creare problematiche maggiori quali gravi scoliosi, lussazioni dell’anca o gravi retrazioni di anca e ginocchio che poi impediscono anche solo il normale posizionamento nella carrozzina o nel letto.